Che cos’è rapinare una banca al paragone di fondarne una?

La casa di carta è una serie ideata da Àlex Pina nel 2017, prodotta originariamente da Antenna 3, un canale tv spagnolo, e poi acquistata da netflix. Nel giro di poco tempo è diventata una delle serie non-americane più viste. Il telefilm conta di 26 episodi divisi in due parti, ciascuna da 13 puntate. È stata annunciata una terza parte, sulla quale nutro molti dubbi circa i suoi contenuti e l’effettivo bisogno della sua realizzazione in quanto la trama principale della serie si è conclusa con gli episodi già usciti.

La trama è incentrata su una rapina. Il Professore, la mente del piano, crea un gruppo di otto fuorilegge per rapinare la zecca di stato spagnola. Essi non riveleranno mai la loro identità (come ne “Le Iene” di Quentin Tarantino). La squadra entrerà nella zecca con l’obiettivo di prevenire ogni mossa della polizia, tramite tattiche studiate in precedenza. Il gruppo dovrà inoltre badare a più di sessanta ostaggi senza ferirli in modo da apparire, agli occhi dell’opinione pubblica, come degli eroi e non dei malviventi. Loro non ruberanno le banconote ma ne stamperanno di nuove.

La serie trasuda “Spagna” da tutti i pori: dalle maschere dei rapinatori, raffiguranti la faccia di Dalì, fino ad arrivare alla citazione della rivolta popolare de la Puerta del Sol a Madrid nel 2011. Essa è frenetica nonostante alcuni passaggi sembrano molto lenti perchè alcune scene sfociano in un prodotto simile ad una telenovela. Infatti, le relazioni che si creano nel corso del tempo fanno perdere carattere alla serie perché i personaggi commettono azioni davvero stupide senza le quali la serie sarebbe stata di una qualità superiore.

La serie si alterna tra momenti in cui sono presenti flashback, sia per raccontare fatti precedenti al colpo, sia per raccontare la storia e i rapporti tra i personaggi, a momenti in cui Tokyo, nome in codice di uno dei protagonisti della rapina, narra la storia di ciò che sta succedendo. Questa tecnica di narrazione alla lunga porta a passaggi dispersivi e stucchevoli. Gli ultimi quattro episodi della seconda parte sono legati in modo stretto e alternano le scene su tre fronti diversi. Con dei ribaltamenti non molto credibili ma originali, queste puntate fanno capire quanto i rapinatori siano buoni e, come dice il Professore, essi non rubano, fanno un’iniezione di liquidità, come quella fatta alle banche: una tesi un po’ superficiale.

Dopo un certo numero di episodi si può quasi pensare che neanche il piano più perfetto riesca a far fronte al sentimento più umano: l’amore. L’affetto per un amico (Helsinki e Oslo), per un figlio (Mosca e Denver), per un padre (il Professore), per una moglie o per un’amante (Arturo, Monica e Laura), per la propria vita (Ariadna). Tutto ciò si contrappone a scene di pura genialità e follia, dove il Professore sorprende tutti con piani studiati nei minimi dettagli, dove gli errori commessi sono talmente superficiali e banali da non sembrare reali. Questo contrasto fa calare l’aspettativa iniziale di un prodotto incentrato su logica e raziocinio nata dalle prime scene degli episodi iniziali.